Feltri? Meglio non fidarsi di lui

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Dicono che Feltri ci ha ripensato. In realtà ha creato un mostro senza motivo e ha tradito un principio fondamentale del giornalismo: prima di dare una notizia verifare.

Vi fidate di lui?

(Vedi anche Indagato a Firenze, parola di Feltri)

Da Avvenire:

L’AGGRESSIONE

Accuse a Boffo: Feltri ci ripensa

L’ammissione è finalmente esplicita: «La ricostruzione dei fatti descritti nella nota (il falso dossier elaborato non si sa da chi, ndr), oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali». Questo il nocciolo della risposta che oggi  Vittorio Feltri, direttore del Giornale in prima pagina dà ad una lettrice che lo interpella sul tema a tre mesi dall’episodio. «Da quelle carte, Dino Boffo non risulta implicato in vicende omosessuali – prosegue Feltri -, tantomeno si parla di omosessuale attenzionato. Questa è la verità. Oggi Boffo sarebbe ancora al vertice di Avvenire. Inoltre Boffo ha saputo aspettare, nonostante tutto quello che è stato detto e scritto, tenendo un atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione».

Quella di Feltri è «una retromarcia clamorosa e importante» ha commentato il direttore di Avvenire Marco Tarquinio. «Dicemmo all’inizio della vicenda – ha proseguito – che con un galantuomo come Boffo il tempo sarebbe stato galantuomo. Questa volta abbiamo dovuto aspettare meno del consueto». «Le scuse pubbliche pubblicate sulla prima pagina del Giornale, tuttavia – ha aggiunto – non riparano completamente ai danni subiti non solo da Boffo ma anche da un metodo di informazione corretta fondata sui fatti, e non cancella le responsabilità di chi conduce battaglie mediatiche con mezzi tutt’altro che limpidi». Le affermazioni di oggi di Feltri – ha proseguito Tarquinio – sono importanti perché ridanno dignità «ad una vita brutalmente capovolta», ma devono «far riflettere noi giornalisti sulla responsabilità che abbiamo verso i lettori e verso noi stessi».

“L’articolo di oggi de ‘Il Giornale’ conferma il valore della persona del dottor Boffo che, ancora prima delle tardive ammissioni di Feltri, si è volontariamente fatto da parte per non coinvolgere la Chiesa, che ha peraltro servito da sempre con intelligenza e passione”: è quanto ha dichiarato ai giornalisti monsignor Domenico Pompili, portavoce della Cei, commentando l’editoriale di oggi  di Vittorio Feltri..

In Cina si uccide ancora

(ANSA) – ROMA, 4 DIC – Tre persone sono state condannate a morte in Cina in relazione alle rivolte scoppiate lo scorso luglio a Urumqi, capitale dello Xinjiang. Lo ha riportato l’agenzia Nuova Cina. Dal 10 ottobre scorso, giorno della prima condanna a morte, sono almeno 20 le sentenze capitali emesse dai tribunali cinesi per lo scontro etnico tra han e uighuri, nella regione autonoma.

Dubai in crisi? Tra invenzione e danni vari

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A Dubai sembra tutto normale, anzi normalissimo. E’ proprio il caso di pensare che la crisi non esiste o che il conto…lo paghino “gli altri”.

Da Blogonomy:

Sta davvero crollando tutto a Dubai, come chi legge i giornali in Europa è portato a pensare? In realtà tutti i nuovi grattacieli sono bene illuminati, le Ferrari accelerano ai semafori guidate da appassionati vestiti in dishdasha; è stato inaugurato il cinema all’aperto più grande del mondo; tra qualche settimana si inaugura il grattacielo più alto del mondo, come se niente fosse accaduto. Una volta si diceva che quando l’economia statunitense faceva uno sternuto, le altre economie reagivano di conseguenza. I giornali locali oggi scrivono che sembra che questo destino tocchi al piccolo emirato di Dubai, un cui sternuto ha provocato reazioni spropositate.
A monte dell’episodio c’è l’audace strategia di sviluppo che in 40 anni ha trasformato un piccolo porto di capanne di canna nella sabbia in uno dei principali centri finanziari del mondo. Una strategia portata avanti senza però poter contare su risorse proprie ma con denaro a prestito, perché le grandi ricchezze generate dai giacimenti di petrolio sono ad Abu Dhabi, non a Dubai. Le conseguenze sono da un lato l’indubbia debolezza finanziaria, ma dall’altro una solida posizione di forza: tutto quello che finora è stato costruito con risorse prese a prestito ora c’è e funziona, e consente di portarsi avanti comunque per gli anni a venire. Si tratta di infrastrutture e reti di trasporti (aeroporti con servizi aerei frequenti e capillari, porti e interporti, autostrade, metropolitana, aree industriali), di un assetto legislativo moderno e tollerante, di una burocrazia leggera, di un tessuto economico molto competitivo, di ricchezza di talenti e di culture multidisciplinari, di una massa critica di imprese e interessi già insediati e radicati che non potranno che fare da calamita per altre attività che preferiranno comunque insediarsi qui piuttosto che altrove.
Proprio tale effetto calamita è la scommessa che Dubai sta giocando, e che finora ha vinto. La città è caratterizzata da una dozzina di free zones, aree in cui non si applica la regola comune a gran parte del Medio Oriente, secondo la quale ogni azienda deve avere un socio di maggioranza con passaporto locale. Vi sono Dubai Internet City, con 1.200 aziende Ict da tutto il mondo, Dubai Media City, Dubai Healthcare City, Dubai Academic City, la «mia» Du-Biotech, e via dicendo. In questi cluster con centinaia di imprese ad alta intensità di conoscenza, le  holding governative hanno costruito grattacieli, capannoni e laboratori e ora concedono licenze, riscuotono affitti e vendono servizi alle imprese insediate; le quali vi hanno trasferito dipendenti che affittano ville da proprietari locali, frequentano mall, spiagge, ristoranti.
Nelle free zones le
aziende stanno insediando gli headquarters per le attività a più alto valore aggiunto, la gestione marketing e sales, la ricerca e il design, la comunicazione, servendo da qui un vasto mercato: tutti i Paesi del Golfo e il Nord Africa e il Levante, in molti casi anche l’Iran, la Turchia, il Sud Africa e talvolta anche l’India.
Le aziende sentono il dovere di stabilire una presenza in questa area perché è una delle poche al mondo in cui si verifica una costante crescita di investimenti e di consumi: non hanno valide alternative a Dubai, proprio grazie alla qualità degli asset tangibili (infrastrutture) e intangibili (leggi, tolleranza, qualità della vita). In tutto il mondo stiamo vivendo un cambiamento molto radicale, un abbandono delle logiche finanziarie a favore di comportamenti pragmatici, realistici, basati sui processi di creazione di valore reale. In questa ottica la crisi è stata molto salutare qui a Dubai, ha consentito la fine di una inebriatura collettiva e la restaurazione repentina del nuovo paradigma più realistico.
Gli asset di Dubai sono ora solidi fondamenti necessari per la competitività nel nuovo paradigma; l’attuale stretta creditizia non consentirebbe più di realizzarli, ma ci sono già.

Marco Baccanti
*executive director di Dubiotech,
Dubai Biotechnology Research Park

(Vedi anche:

La crisi economica è arrivata anche a Dubai

DuBai project

Fondi sovrani in rotta sugli emergenti